La scienza della vita e le connessioni nascoste tra natura e biodiversità (2a parte).

La vita definita in termini di DNA.

Ritorniamo ora alla domanda «Che cos’è la vita?», e chiediamoci: come funziona una cellula batterica? Quali sono le sue caratteristiche essenziali?

Quando osserviamo una cellula al microscopio elettronico possiamo notare che, nei suoi processi metabolici, entrano in opera delle particolari macromolecole (molecole molto grandi, che consistono di lunghe catene formate da centinaia di atomi).

Nelle cellule troviamo due tipi di queste macromolecole: le proteine e gli acidi nucleici (dna e rna).

Nelle cellule batteriche ci sono essenzialmente due tipi di proteine: gli enzimi, che agiscono come catalizzatori nei vari processi metabolici, e le proteine strutturali, che sono parte della struttura delle cellule stesse. Negli organismi più evoluti troviamo anche molti altri tipi di proteine con proprie funzioni specializzate, come gli anticorpi del sistema immunitario o gli ormoni.

Dato che la maggior parte dei processi metabolici vengono catalizzati da enzimi, e gli enzimi sono codificati dai geni, possiamo dire che i processi cellulari sono controllati a livello genetico – cosa, questa, che garantisce loro una grande stabilità. Le molecole di rna, poi, svolgono la fùn-zione di messaggeri: esse, cioè, trasportano dal dna le informazioni codificate per la sintesi degli enzimi e, in questo modo, stabiliscono il collegamento critico tra le strutture genetiche e quelle metaboliche della cellula.

Il dna è inoltre responsabile del processo di autoreplica-zione cellulare. Si tratta di una caratteristica di cruciale importanza per la vita: senza di essa, infatti, qualunque struttura organica fosse venuta a formarsi avrebbe poi finito per corrompersi fino a sparire, e la vita non avrebbe mai potuto evolversi. Considerando questa straordinaria importanza rivestita dal dna, potremmo addirittura concludere che esso è la singola caratteristica strutturale della vita. Potremmo cioè semplicemente dire: «I sistemi viventi sono sistemi chimici che contengono dna».

C’è però un problema in questa definizione, problema che nasce dal fatto che anche le cellule morte contengono dna. In effetti, le molecole di dna possono conservarsi per centinaia – se non anche migliaia – di anni dopo la morte dell’organismo: un esempio particolarmente eclatante si è avuto pochi anni fa, quando degli scienziati tedeschi sono riusciti a identificare la precisa sequenza genetica nel dna estratto da un teschio di un uomo di Neanderthal – ossia da ossa morte da oltre centomila anni!

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La semplice presenza del dna, pertanto, non è ancora sufficiente per definire la vita. Alla fin fine, dovremmo modificare la nostra definizione e dire: «I sistemi viventi sono sistemi chimici che contengono dna, e che non sono morti». Ma, dicendo questo, non faremmo altro che affermare che «un sistema vivente è un sistema che è vivo» — ossia, niente di più di una mera tautologia.

Queste brevi considerazioni ci mostrano come le strutture molecolari delle cellule non siano sufficienti a fondare una definizione della vita. Dobbiamo quindi descrivere anche i processi metabolici che avvengono nella cellula: dobbiamo – in altri termini – analizzare i vari modelli di relazione fra le macromolecole. Nel far questo, piuttosto che concentrarci sulle singole parti della cellula, porremo la nostra attenzione sulla cellula stessa intesa come una totalità.

Secondo il biochimico Pier Luigi Luisi, specializzato nella ricerca sull’evoluzione molecolare e l’origine della vita, questi due diversi approcci — quello incentrato sul dna e quello incentrato sulla cellula – rappresentano le due principali correnti filosofiche e sperimentali nell’odierna scienza della vita.

Le membrane: fondamento dell’identità cellulare.

Proviamo quindi ora a guardare la cellula come una totalità. In primo luogo, una cellula è caratterizzata da un limite esterno (la membrana cellulare) che separa il sistema vivente – il «sé», per così dire – dall’ambiente circostante. All’interno di questa membrana, troviamo tutta una rete di reazioni chimiche (il metabolismo cellulare) attraverso le quali il sistema si conserva in esistenza.

La maggior parte delle cellule hanno poi altre barriere oltre le membrane, come delle pareti cellulari rigide o delle capsule. Queste ultime sono caratteristiche comuni in molti tipi di cellule; soltanto le membrane, tuttavia, sono tura caratteristica di tutte le cellule. Fin dalla sua comparsa, la vita sulla Terra è sempre stata associata alla presenza di acqua. I batteri si muovono nell’acqua, e il metabolismo interno alle loro membrane avviene in un ambiente acquoso.

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Trovandosi in questa condizione – segnata da una fluidità interna ed esterna -, una cellula non riuscirebbe mai a mantenere la propria identità senza una barriera fisica che impedisca il libero diffondersi dei fluidi stessi: l’esistenza delle membrane è quindi una condizione imprescindibile per la vita cellulare. Le membrane non sono soltanto una caratteristica universale della vita, ma hanno anche lo stesso tipo di struttura in tutto il mondo vivente; e vedremo come i dettagli molecolari di questa struttura universale delle membrane siano in grado di fornirci importanti indizi circa l’origine della vita.

Una membrana è molto diversa da una parete cellulare. Se le pareti cellulari sono strutture rigide, le membrane sono infatti sempre attive, si aprono e si chiudono continua-mente, tenendo fuori certi tipi di sostanze e lasciandone entrare altri. Nelle reazioni metaboliche della cellula entrano in gioco diversi tipi di ioni, e la membrana – essendo semipermeabile – controlla le loro proporzioni e li mantiene in uno stato di equilibrio.

Un’altra attività critica svolta dalla membrana è quella di espellere continuamente il calcio in eccesso, in modo da mantenerlo, all’interno della cellula, a quel preciso livello – molto basso – richiesto dalle funzioni metaboliche. Tutte queste attività aiutano a conservare l’identità individuale della cellula e a proteggerla dalle influenze nocive dell’ambiente circostante. E, in effetti, la prima cosa che un batterio fa quando viene attaccato da un altro organismo è quella di creare delle membrane.

Tutte le cellule dotate di nucleo – e anche la maggior parte dei batteri – presentano inoltre delle membrane interne. Nei libri di testo, una cellula vegetale o animale viene solitamente rappresentata nella forma di un ampio disco, circondato dalla membrana cellulare e contenente in sé un numero di dischi più piccoli (gli organuli), ciascuno dei quali è protetto da una propria membrana.

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In realtà, una simile rappresentazione non è molto accurata. Le cellule non contengono infatti molteplici membrane distinte, ma hanno piuttosto un’unica membrana che si struttura in un sistema di interconnessioni. Questo cosiddetto «sistema endomembranico» si trova in uno stato di continuo movimento, avvolgendo tutti gli organuli e spingendosi fino al limite esterno della cellula. Si tratta di una specie di «trasportatore a nastro» che – ininterrottamente – viene prodotto, distrutto e riprodotto di nuovo.

Attraverso le sue diverse attività, la membrana cellulare regola la composizione molecolare della cellula, preservando così la sua identità. Possiamo qui tracciare un interessante parallelo con i recenti sviluppi dell’immunologia. Oggi alcuni immunologi sono convinti che il compito principale del sistema immunitario sia quello di controllare e regolare la composizione molecolare dell’organismo, in modo da preservare la sua «identità molecolare».

Al livello della cellula, la membrana svolge un ruolo simile a questo: essa regola infatti la composizione molecolare e, in questo modo, preserva l’identità individuale della cellula.

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