Andar per vini in Puglia: i Rosati Salentini.

Conosciuto in tutto il mondo per il barocco, il Salento è anche la culla del Negroamaro, dei vini rossi possenti, solari, e del delicato superbo rosato salentino. E per capire la storia e la tradizione della vinificazione salentina bisogna partire proprio dal rosato.

In un territorio caratterizzato da terre rosse che ricoprono pianori e dolci rilievi, si producono rosati immediati e gradevoli, dal tipico sentore fruttato, da abbinare alla cucina marinara locale.

II Salento, il cosiddetto “tacco” dello stivale, è de­finito da pianure, da mo­desti rilievi dei Tavoliere di Taranto e di Lecce e dalle ondulazioni delle Serre, verso l’estremità della pe­nisola.

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TERRENO: è costitui­to da una base calcarea tufacea permeabile, co­perta da uno strato di de­triti di rocce calcareo-argillose, riconoscibile dal colore rosso, per la consi­stente presenza di ferro. Si rileva la mancanza qua­si totale di corsi d’acqua superficiali.

CLIMA: è caldo d’estate e temperato d’in­verno, con escursioni termiche tra giorno e notte. La diminuzione di calore nelle ore notturne giova al vigneto perché ne rallenta i processi di maturazione, permettendo alle uve di arricchirsi di aromi. Grazie a questo andamento cli­matico, il Salente è la zo­na viticola più felice del­l’intera regione. Ciò spie­ga perché i rosati salenti­ni si rivelano di buona ampiezza aromatica, pia­cevolmente pieni e sapidi.

PugliaEnografia
La cultura del vino rosato non è molto diffusa. Vi sono episodiche produzioni de­gne di nota, spesso scono­sciute ai più. In quasi tutte le regioni il rosato è vissuto come una sorta di sottopro­dotto, come un rosso in­compiuto, ottenuto da una troppo breve macerazione del mosto, così che ne risul­ta un vino neutro, né bian­co né rosso.
In Puglia è di­verso: i vitivinicoltori salen­tini sanno che quelli prove­nienti dalle loro cantine so­no di alto profilo qualitati­vo, da porre ai vertici della produzione nazionale. E in­teressante osservare che in nessun’altra regione vinico­la il rosato è prodotto in modo così diffuso, né riveste tanta importanza.

Chi lo co­nosce, lo apprezza. A diffon­derne l’immagine contribui­rono i ristoratori pugliesi più attenti e attivi, che negli anni Sessanta cominciarono a operare in varie città ita­liane, proponendo vini di qualità, rosati compresi. Questi non passarono inos­servati, anche per i colori corallini e intensi, più simili a quelli di una bibita che di un vino. Grazie anche a queste bottiglie, l’immagine del vino pugliese, ritenuto pesante e grossolano, co­minciò a cambiare in senso positivo.

Alcuni vini rosati prodotti in Puglia sono doc: il Lizzano, il Salice Salenti-nò, il Leverano, l’Alezio. A fianco, vi sono altri vini di alta qualità che non hanno acquisito la doc, non per mancanza dei requisiti pre­visti, ma per averla rifiuta­ta, ritenendola restrittiva delle proprie potenzialità. Sono vini, quindi, che ven­gono genericamente chiamati “del Salento” o con nomi più o meno di fanta­sia come il Pive Roses o il Rosa del Golfo.

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La penisola salentina si sviluppa a sud della linea immaginaria che congiunge Taranto a Brin­disi. La zona risulta legger-mente movimentata da ri­lievi, anche se non manca­no terreni pianeggianti.


LA STORIA.
La coltivazione della vite nel Salento ha origini molto antiche; l’uva venne intro­dotta dal Medio Oriente, sin dai tempi della colonizzazione greca e rappresentava la coltura più importante. Le popolazioni dell’attuale Puglia venivano chiamate dai Greci Japigi: genti fiere, non si lasciarono assimilare dall’evoluta civiltà ellenica. Resistettero per secoli, indi­pendenti e fedeli alle pro­prie tradizioni, ma dovette­ro cedere ai Romani, che riuscirono a unificare cultu­ralmente le regioni conqui­state. Dopo la caduta del­l’impero, si succedettero le dominazioni straniere, a partire dai Barbari, che si alternarono ai Bizantini.

Musulmani e Longobardi si incontrarono in Puglia e, dopo la cacciata dei primi, la regione fu nuovamente spartita tra Longobardi e Bizantini. Seguirono le do­minazioni normanna e sve-va; soprattutto quest’ultima giovò allo sviluppo socioe­conomico della regione. Prima gli Angioini, però, e successivamente gli Arago­nesi, causarono una grave depressione economica e culturale.

Dopo l’unifica­zione nazionale, seguita al dominio borbonico, la re­gione intraprese un pro­gressivo percorso di rinasci­ta; l’esplosione demografi­ca, avvenuta nel secondo dopoguerra, ha creato non pochi problemi, di ordine economico e sociale. La Nili-coltura, negli ultimi treni an­ni, ha saputo proporre una nuova immagine di sé. commercializzando produzioni enologiche sempre più sele­zionate e mirate alle esigen­ze del mercato che non gra­diva più i pesanti vini tradi­zionalmente prodotti.

I ROSATI.
Le uve alla base della pro­duzione dei rosati salenti-ni sono il Negroamaro e la Malvasia nera, vitigni di an­tica origine e autoctoni, che vengono estesamente coltivati nella regione. La colti­vazione delle viti ad albe­rello, le basse rese e l’im­piego limitatissimo di fito-farmaci sono i tratti caratte-ristici delle coltivazioni più qualificate.
Queste, nella vi­nificazione, utilizzano il frutto ottenuto dal cosiddet­to mosto fiore, che si rica­va dallo sgrondo e non dal­la torchiatura delle uve. Le uve, dopo la pigiatura, sono lasciate macerare con le bucce per 12-24 ore: il mo­sto, allora, è separato dalle parti solide semplicemente facendolo colare dalle winacce. I rosati salentini, inoltre, sono spesso smrìti per accompagnare la cucina marinara, perché, grane al­le note aromatìche fruttate. sono preferiti ai più anoni­mi bianchi locali.

La cucina ittica, però, deve essere sa­porita come quella del ter­ritorio: non solo sono gu­stosi i pesci, ma anche gli ingredienti impiegati per cucinarli. Si utilizzano, per­tanto, i piccoli pomodori, le erbe aromatiche e l’olio ex­travergine d’oliva. Tra le va­rietà dei vini rosati prodotti nel Salente ecco qui alcuni tra quelli più significativi.

ALEZIO.
II vino è prodotto a est di Gallipoli, in una zona che si affaccia sul Mar Ionio, nei Comuni di Alezio e di San­nicola, e in parte quelli di Gallipoli e di Tuglie. Il vino, che prima della doc era de­nominato Rosato del Salen­te, è prodotto con uve negroamaro e da una percen­tuale non superiore al 20% costituita dai vitigni Malva­sia Nera di Lecce. Sangio­vese e Montepulciano. uti­lizzati soli o insieme: la resa delle uve non deve superare 140 quintali per ettaro.

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Al consumo. L’alezio ha colore rosa corallo intenso, talvolta cerasuolo: odore ricco e delivato, fruttato, con possibili vaghi sentori di bergamotto: il sapore è sapido, asciutto, vellutato con fondo amarognolo, sostenuto da 12° alcolici. Lo si propone a 14° per accompagnare tutte le porta­te di un pranzo. Servito circa a 12 °C. si abbina a preparazioni di pesce an­che saporite.

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LIZZANO.
In provincia di Tarante, nei Comuni di Lizzano e Fag-giano e in alcune isole am­ministrative di Taranto, so­no prodotti il Lizzano rosa­to e il Negroamaro rosato. Il Lizzano rosato, un tempo chiamato “Lacrima” perché ottenuto solamente con il mosto fiore, oggi nasce dai vitigni Negroamaro (60-80%), Montepulciano, San­giovese, Bombino nero, Pinot nero insieme o separa­tamente per un massimo del 40%; Malvasia nera di Brin­disi e/o di Lecce (10% max).

La resa dell’uva è di 140 quintali per ettaro e il vino deve avere almeno 11,5 gradi alcolici. Ha colo­re rosa tendente al rubino delicato con possibili riflessi violacei; l’odore è vinoso, caratteristico, fruttato, di buona intensità; il sapore, a-sciutto, è fresco e armonico. Si serve a 12 gradi in pranzi a base di pesce, con spa­ghetti al ragoùt di totano, triglie in umido, tonno alle olive e capperi. E vinificato, inoltre, nella versione no­vello o giovane e nelle tipo­logie frizzante e spumante. Il Lizzano Negroamaro ro­sato è prodotto con uve Ne­groamaro (minimo 85%); la resa dell’uva per ettaro è di 140 quintali, mentre il tasso alcolico non deve essere in­feriore a 12 gradi. Ha colore rosa tenue con riflessi pur­purei; l’odore è fragrante, caratteristico; il sapore è a-sciutto e delicato. Il vino, servito a 12-14 gradi, ac­compagna tutte le portate di un pranzo, meglio se a base di carni bianche e arrosto.

SALICE SALENTINO.

Al Salice Salentino è stata riconosciuta la doc nel 1976. Oggi la produzione è regolamentata dal discipli­nare decretato nel 1991. La zona, non distante dai mari Ionio e Adriatico, si svilup­pa nel cuore del Salente, nella lascia settentrionale del Leccese sino a com­prendere una parte del Brindisino. Il vino è prodot­to con uve Negroamaro alle quali si aggiungono Malva­sia nera di Brindisi e/o Malvasia nera di Lecce (20% max). La resa delle u-ve è di 120 quintali per et­taro; il vino ha colore rosa­to tendente al cerasuolo te­nue; l’odore vinoso, persi­stente, trattato, fiorito da giovane, diventa dopo bre­ve invecchiamento più profondo; ha sapore asciut­to, pieno, caldo, vellutato con leggera vena amaro­gnola. Si serve a 12 gradi di temperatura con anguilla in umido, grongo al pomodo-ro, paillard di vitello, coni­glio al rosmarino.

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LEVERANO.
II Leverano rosato è un vi­no gradevolmente corposo, di carattere. La zona di pro­duzione comprende il Co­mune di Leverano e in par­te quelli di Arnesano e Co­pertine (Lecce). E un esem­pio di vino equilibrato, po­co conosciuto fuori dell’a­rea di produzione. 11 Leve­rano è vinificato con uve Negroamaro, Malvasia nera di Lecce, Sangiovese, Mon-tepulciano (35% max); Mal­vasia bianca, che non deve superare, se presente, il 10%. La resa massima delle uve è di 150 quintali per et­taro (le migliori produzioni hanno rese più contenute), mentre il tenore alcolico minimo è di 11,5 gradi. Il vino ha colore rosato con riflessi cerasuoli e corallini; il profumo, fruttato, è ricco, ampio e avvolgente; il sapo­re è asciutto, fragrante, giustamente pieno. Servito a 12 gradi, è da tutto pasto. per i pranzi estivi e di mez­za stagione, e accompagna primi piatti, pesci, carni bianche senza intingolo.

ROSA DEL GOLFO.

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E un vino molto reputato. che nasce dai vitigni Ne-groamaro (90%) e Malvasia nera, coltivati nei tenitori di Alezio, Veglie. Campi Salentina e Sannicola. U me­todo di vinificazione impie­gato è tradizionale “a lacri­ma”, che utilizza, cioè, il mosto fiore. Dopo la fer­mentazione a basse tempe­rature, il vino matura per sei mesi in vasche di acciaio inox. Alla commercializza­zione possiede i 2 gradi al­colici, presenta colore rosa­to, con riflessi corallini: il profumo è intenso con sen­tori fruttati. Il sapore è pia­cevole, pieno. Servito a 10-12 gradi, accompagna spa­ghetti alla scogliera, mo­scardini affogati, grigliate di pesche, lumachine di mare in umido. Proposto a 12-14° è da tutto pasto, per i pranzi estivi e di mezza stagione, e accompagna primi piatti, pesci, carni bianche senza intingolo.

FIVE ROSES.
II vino è prodotto in pro­vincia di Lecce, con uve Negroamaro (90%) e Mal­vasia Nera. La resa delle u-ve è di 60-70 quintali per ettaro. Il vino ha colore vermiglio trasparente, pro­fumo vinoso, fruttato, so­prattutto anando è giovane. Il sapore è asciutto, caldo e armonico. Giovane, servito a 10-12 gradi di temperatu­ra, accompagna antipasti di salumeria, orecchiette ai broccoletti, tagliolini al ra-goùt di coniglio, petto di pollo al vapore. Le produ­zioni più mature, proposte a 12-14 gradi di temperatu­ra, si servono con scaloppi­ne di vitello, petto di farao­na stufato, scottadito di agnello, carni rosse alla brace.

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